Il caregiver è colui che si prende cura, in maniera volontaria e gratuita, di una persona, di norma un familiare, un partner o un amico, che non riesce a prendersi cura di sé. Per molti, essere presenti ad una richiesta di aiuto è una missione di vita ed è un valore fondamentale.
Ho scoperto recentemente, attraverso il mio percorso di formazione in Caregiver Coaching, che il mondo dei caregiver è tutto in salita: in Europa oltre 100 milioni di persone si prendono cura di un parente e questo numero è destinato ad aumentare.
Nel 2018, secondo un’indagine Istat, in Italia i caregiver superavano i 12 milioni ma si stima che siano molti di più. Sono soprattutto donne, in età compresa tra i 45 e i 55 anni e che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa ma ci sono anche dei giovani, 169.000, tra i 15 e i 16 anni divisi tra scuola e lavoro.
Chiunque può essere un caregiver e molti non se ne rendono neanche conto; diventare caregiver è un processo improvviso per alcuni e graduale per altri.
Molto spesso si sottovaluta l’impatto fisico ed emozionale che la cura dell’altro può avere su di sé proprio perché il caregiver non ha uno status riconosciuto dalla nostra cultura ed è spesso invisibile agli occhi degli altri. Purtroppo a livello sanitario non è stato ancora predisposto un supporto a questa figura che soffre in silenzio ed è alla ricerca costante di un equilibrio difficile da trovare.
I caregiver hanno un livello di stress superiore alla media perché sono sempre in servizio e disponibili. Immaginate per un momento di aggiungere, oltre a tutto quello che fate, un compito di questo tipo ed il livello di responsabilità che ne consegue.
Lo stress a lungo termine porta a stanchezza, isolamento, mancanza di sonno, irritabilità, problemi fisici, ansia e depressione.
Ma chi si prende cura dei caregiver?
Il Caregiver Coaching nasce per dare una voce a questi clienti, persone speciali e uniche, ascoltando le loro storie e le loro prospettive.
Esistono tante situazioni, percorsi e stadi diversi nel mondo del caregiver, e magari potreste ritrovarvi in uno di questi.
Denise M. Brown, fondatrice di “Caregiving Years training Academy”, ha sviluppato un modello: “6 stages to a meaningful journey” per descrivere le varie fasi del percorso del caregiver:
Il caregiver in attesa, che aspetta il momento in cui dovrà aiutare un familiare o un amico; il caregiver matricola, che sta iniziando ad assistere e sperimentare questo mondo; il caregiver radicato, che ha un ruolo e delle responsabilità da tempo e che ha bisogno di adottare una routine; il caregiver pragmatico, che assiste da tempo e conosce bene il suo ruolo; il caregiver in transizione, cui scopo è cambiato dal fare all’essere e infine il Godspeed caregiver, cui ruolo è terminato.
È evidente come ogni fase sia legata all’altra, non lineare, e come il caregiver possa improvvisamente trovarsi in una nuova situazione; per affrontare questa esperienza così unica è necessario sviluppare delle skills sia a livello del “fare” che dell’”essere” proprio perché nessuno, in questa esperienza così speciale, rimane immune a livello emozionale.
Per questo invito il mio cliente caregiver a guardare alle ragioni per cui è un caregiver, al suo sistema di credenze e alla sua storia personale. Vengono toccati temi come la comunicazione tra caregiver/assistito e tutte quelle figure che gli ruotano attorno come gli operatori sanitari.
Ricordiamo anche che il percorso del caregiver è sottoposto alla gestione della crisi, sempre inaspettata e che può mettere a dura prova la quotidianità.
Non rimanere soli.
Le esigenze di ogni caregiver sono diverse ed è fondamentale farsi aiutare; il primo passo è riconoscere le paure, il senso di affaticamento e a volte l’incomprensione da parte di altri.
Cerchiamo, ognuno con le proprie modalità, di rispettare e sostenere questa figura cosi fondamentale perché…
“Vi sono solo quattro tipi di persone al mondo: coloro che sono stati dei caregiver, coloro che sono dei caregiver, coloro che saranno dei caregiver e coloro che avranno bisogno dei caregiver”.
Rosalynn Carter
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